Pagina:Basile - Lu cunto de li cunti, Vol.I.djvu/109

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introduzione xcix

Così si spiega come, pur non essendo egli un raccoglitore o uno scrittore di fiabe alla moderna, nella sua opera le fiabe si ritrovino schiette e senza alterazioni. Egli comincia col serbar alla fiaba tutta la sua realtà popolare: non vuol sollevarla a più alto stile, ma anzi vuol restare in tutta la bassezza e la volgarità della sua materia. E, con queste disposizioni d’animo, è naturale che, nella sua opera, viva moltissima parte dell’intonazione e del sentimento popolare.


Ma, a questa rappresentazione esatta e realistica, si mescolano, come si è detto, molti elementi burleschi e individuali. — E il primo elemento burlesco, che il Basile introduce nella sua raccolta di fiabe, è appunto quella specie di macchinario epico, — Pentamerone — , che costruisce con esse: le cinquanta fiabe delle cinque giornate sono tutte collegate tra loro, e racchiuse in una cornice generale, che ravvicina questo libro di fiabe ai più classici libri italiani di novelle, ai Decameron, alle Cene, ai Diporti, alle Piacevoli Notti, ecc.

C’era una volta un Re, che aveva una figliuola, chiamata Zoza, che, per una certa strana malinconia, non si vedeva mai ridere. Indarno il padre aveva tentato più sorte di rimedii: finchè, un giorno, ordina che si faccia una fontana d’olio innanzi al palazzo reale, sperando che ne nascerebbe tale fuga e confusione nella gente che passava, che darebbe luogo a qualche spettacolo ridicolo, da scuotere finalmente la malinconia della figliuola. Alla fontana viene una vecchierella, che, con una spugna, si