Pagina:Basile - Lu cunto de li cunti, Vol.I.djvu/174

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clxiv introduzione

fiabe, alcune personificazioni, come il tempo, i mesi (IV, 8, V, 2); uomini dotati di facoltà meravigliose (I, 5; III, 8); animali fatati, come un asino cacaure (I, 1), un dragone (I, 7), gatti (II, 4, III, 10), uno scarafaggio, un topo e un grillo (III, 5), un uccello fatato (IV, 5), ecc.; fate, principi, orchi, per capriccio o per destino, sotto spoglia di un animale, anche in una pianta: come una mortella, ch’è una fata (I, 2), una lucertola (I, 8), una cerva (I, 9), un serpe (II, 5), colombi (IV, 5); oggetti dotati di mirabili qualità: come un’erba che fa risuscitare i morti (I, 7), un cuore d’animale, una foglia di rosa, che fanno ingravidare (I, 9; n, 8), ghiande, tovagliuoli, bastoni, anelli, datteri (II, 1; I, 1; III, 4; IV, 1; I, 6), il grasso della volpe di un orco impiegati come rimedii per malattie mortali (II, 5; II, 2); finalmente, maledizioni di effetto sicuro, dalle quali è difficile redimersi {Ntr.; II,7; III, 9).

L’elemento morale è il solito delle fiabe, coll’infallibilità distributiva dei premi e delle pene, secondo le virtù e i vizii, non senza qualche ferocia di procedimenti qualche mancanza di scrupoli, che sono caratteristici ricordi di un mondo passato.


Ma i cunti del Basile non sono proprietà particolare del volgo napoletano, dal quale egli li raccolse. Le varie raccolte di fiabe, dei varii paesi d’Europa, e non solo d’Europa, che si vennero pubblicando, rivelarono, prima di tutto, questo fatto: la comunanza della tradizione novellistica tra varii e lontani paesi.