Pagina:Basile - Lu cunto de li cunti, Vol.I.djvu/22

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xii introduzione

Il Basile, poi, in una sua favola marittima, fa dire a un marinaro Nifeo, che adombra senza dubbio lui stesso:

Nè tanto i miei primi anni
Spesi in apprender l’arti
Di sagace nocchiere, e come e quando
Debbian le navi altere uscir dal porto,
O star legate in più sicuro lido,
Quando (sic), poi ch’io fui giunto
Nel mezzo del camin di nostra vita,
Nuovo spirto m’accese
A miglior studio; e, benchè augel palustre
Io mi conobbi, pur tentai di pormi
Coi più bei cigni al paro......1

Certo, a nessuno verrà in mente di pensare che il Basile, da giovanetto, avesse studiato l’arte marinaresca. La prima parte di questo brano è da riferirsi evidentemente al personaggio di Nifeo. Resta la seconda: gli studi di poesia, e le alte speranze, che, giovane, gli riempivano il petto.

Ma il Basile, povero di fortuna, non era in grado di coltivar tranquillamente gli studi prediletti. Per lui la Musa era, sì, la Dea celeste dei poeti, ma doveva essere anche la brava vacca da provvederlo di burro, secondo il noto epigramma dello Schiller! Delle lotte, ch’ebbe a sostenere nella sua giovinezza, ci resta il documento, se non la notizia precisa, in varii luoghi delle sue opere:




  1. Le avventurose disavventure, A. III, S. V. Cito dalla 3.a ediz. Mantova, per gli Osanni, 1613, che ha molte varianti sulle precedenti.