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ntroduzzione 7

no1, mo le forze d’Ercole2, mo lo cane che adanza3, mo vracone che sauta4, mo l’aseno che beve a lo bicchiero, mo Lucia canazza5, e mo na cosa, e mo n’autra. Ma tutto era tiempo perduto; ca manco lo remmedio de mastro Grillo6, manco l’erva sardoneca7, manco na stoccata a lo diaframma, l’averria fatto sgrignare no tantillo la vocca. Tanto che lo povero patre, pe tentare l’utema prova, non sapenno autro che fare, dette ordene che se facesse na



  1. Giuochi di destrezza.
  2. Cosi anche il Cortese (Vajass., IV, 29). Cfr. Le Lettere di A. Calmo, ed. V. Rossi (Torino, 1888, pp. 14-5). E forze si dissero fino agli ultimi tempi i giuochi ginnastici.
  3. E, più innanzi, l’asino che beve al bicchiere: animali addestrati.
  4. Vracone si trova nel Cortese (Viaggio di Parn., II, 5), e nello Sgruttendio: « E parea, cammenanno a sautariello, Vracone, quanno fa ntantarantera »; e poi: «Vracone de Moretto » (o. c, C. I, s. 27; C, II, s. i, ecc.). Ed era nome, a quanto sembra, di una sorta di buffone.
  5. Ballo popolare napoletano, detto anche catubba. Cfr. Del Tufo (ms. c, f. 100) ; e VN alla par, Tubba catubba. — Il Callot ritrasse il ballo della Lucia in una sua bella incisione, e lo Sgruttendio lo mette in azione in una delle sue più belle poesie: « O Lucia, ah Lucia, — Lucia, Lucia mia, Stiennete, accòstate, nzèccate ccà! Vide sto core ca ride e ca sguazza! Auza sto pede, ca zompo, canazza! ecc. » (o. c, C IX, p. 248; e anche pp. 235-6). Cfr. princ. G. III, e V, 9, 10.
  6. Un villano, improvvisato medico, che guarì la figliuola del Re, procurandole, con certo suo strano mezzo, una gran risata. Il Passano cita molte edizioni della: Opera nuova piacevole et da ridere de un villano lavoratore nomato Grillo quale volse diventar medico, in rima istoriata (Ven., 1521, ecc.). V. Novell. ital. in verso (Bol., 1868, pp. 99-100). Cfr. anche Pitrè, Nov. popol. toscane (Fir., 1885, pp, 283-8, e R. Köhler, III. XIX alla Posilecheata del Sarnelli, ed. Imbriani (Nap,, 1885, pp, 135-9).
  7. Sardoa herba (lat.), da una voluta proprietà della quale derivava il riso sardonico. Cfr, Liebr., Anm., I, 396-7.