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162 lo cunto de li cunti

          Ch’ogn’uno n’ave midia!
          Nigro, si se copella!,
          Ch’è na recchezza n’ajero,
          È na fortuna nfummo,
          Fortuna vitriola,
          Soggetta a mille viente.
          A riseco de l’onne!
          E bella apparescenzia,
          Ma te gabba a la vista;
          E, quanno chiù le vide
          Fellusse a furia, e a pietto de cavallo,
          Perde tutto lo juoco pe no fallo!
Fab. De chisse te ne conto le migliara,
          Ch’hanno scasate case,
          E la ricchezza loro
          Se ne va mvesebilio: ca me vide,
          Ca no me vide!; e fecero a sto munno,
          A barva de lo tierzo o de lo quarto,
          Scarze de sentemiento.
          Buono pignato, e tristo testamiento!
Jac. Ecco: lo nammorato
          Stimma felice l’ore.
          Che spenne, e spanne, nservizio d’ammore;
          Tene doce le shiamme e le catene,
          Tene cara la frezza.
          Che lo spertosa pe na gran bellezza;
          Confessa, ch’è restato
          Co morire allancato.
          Co vivere stentato;
          Chiamma gioja le pene,
          Spasso li sbotacapo e le cotture;
          Gusto le crepantiglie e le martielle;
          Non fa pasto, che jova;
          Non fa suonno, che vaglia;
          Suonne smesate, e paste senza voglia;