Pagina:Basile - Lu cunto de li cunti, Vol.I.djvu/489

Da Wikisource.

jornata ii. la tenta 275

          No cavallo senese1,
          No cetrangolo asciutto,
          No suvaro suino, uosso de pruno,
          Na formica de suorvo, no speluorcio,
          Mamma de la meseria, poveriello,
          Che, comme a no cavallo caucetaro2,
          Nante darrà no paro de panello.
          Che no pilo de coda;
          No grimmo ed aggrancato,
          Che corre ciento miglia,
          Nè le scappa no picciolo3,
          Che darrà ciento muorze a no fasulo.
          Che farrà ciento nodeca
          A na meza decinco4,
          E che non caca mai pe no magnare!
          Ma se remedia subeto a sta tenta,
          E se dice, ch’è n’ommo de sparagno.
          Che non jetta o sbaraglia chello, ch’ave.
          Che non face la robba
          Ire pe l’acqua abascio,
          Ch’è buon’ommo de casa,
          E ire non ne fa mollica nterra;
          All’utemo, è chiammato
          (Ma da certe canaglia)
          Ommo, ch’è no compasso, ed è tenaglia!
Mar. O che sporchia sta razza
          C'hanno lo core drinto a li tornise,
          Fa diete non dette da lo miedeco,
          Porta ciento pezzolle,



  1. Così, per indicare un taccagno.
  2. «N’aseno caucetaro.... Che le dà pe resposta doje panelle». Cort., Micco Pass., I, 25.
  3. V. n. 102, p. 16, e n. 15, p. 202.
  4. La decinco, cinquina, due grani e mezzo: meza decinco, un grano e quarto.