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vere al di qua di una barriera che da Praga va al confine boemo-bavarese, oltre Norimberga e Monaco, fino al lago di Costanza; mentre i territorii ricchi, industriali, al di là di questa barriera si fanno gravitare tutti verso Amburgo, Anversa e Rotterdam.

L’Austria che lesinò i milioni a Trieste fu prodiga di miliardi per la costruzione dei canali galiziani.

Se del mio asserto un’altra prova si volesse ce la dànno ancora le cifre:

Trieste, l’unico porto di uno Stato di 28 milioni e mezzo di abitanti, aveva nel 1910 un movimento merci di 28,5 milioni di quintali, mentre Venezia, che non è nè il primo nè l’unico porto d’Italia e deve dividere con ben quindici altri porti il complesso dei traffici della penisola, aveva un movimento, pressochè uguale, di 26,7 milioni.

Questo è lo stato reale economico di Trieste, della città «beneficata» dall’Austria.

Che se noi dall’esame delle condizioni economiche fatte dall’Austria alle popolazioni italiane, passiamo a dare uno sguardo al trattamento politico, ci troviamo dinanzi ad una delle pagine più dolorose, più vergognose della storia d’Europa.

Domina nei paesi italiani irredenti non la giustizia ma la polizia, non lo spirito di civiltà ma esclusivamente il militarismo, la dittatura militarista. Ogni libertà è impedita. Nelle scuole vige l’inquisizione. Il giornalismo è soffocato dalla censura. Ogni manifestazione che abbia ca-