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e da padrone a padrone. Ma per un contratto buono, se ne trovano dieci di cattivi.

Fra i coloni miete molte vittime la terribile pellagra. Questi lavoratori hanno per sè i danni del piccolo proprietario, senza essere proprietari. In loro sollievo i deputati clericali friulani, Don Faidutti e dott. Bugatto hanno nel luglio scorso invitato il Governo a presentare un progetto di legge che regoli i reciproci doveri e diritti fra possidenti e coloni. La loro proposta ha il difetto di essere un mezzo palliativo e di reclamare troppo poco. Poichè se è giusto imporre ai padroni l’obbligo dei patti scritti e delle rese di conto annue, se è giusto chiedere l’abolizione dei servizi domenicali — perfetto costume medioevale — e il diritto di risarcimento al colono che ha introdotto stabili migliorie nel fondo, è altresì essenziale abolire mediante legge molte altre disposizioni medioevali — fra cui citerò solo il diritto di pegno sugli attrezzi del lavoro — ed è essenziale stabilire che la mezzadria corrisponda nella sostanza anche al nome e sia per davvero divisione a metà delle rendite.1

Ed ora farò cenno della grande massa proletaria agricola, costituita dai piccoli possidenti.

Per avere un’idea delle condizioni della proprietà agricola, premetto che essa è gravata da un debito ipotecario di corone 150 milioni corrispondente al 200 per cento del valore fondiario dei terreni e delle case.

  1. Una proposta del dep. Dott. Battisti per l’elaborazione di una legge sul patto colonico nel Trentino fu presentata alla Dieta tirolese ed accolta ad unanimità nella tornata Maggio-Giugno 1914.