Pagina:Beccaria - Opere, Milano, 1821.djvu/144

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58 dei delitti

e perpetua perdita della propria libertà, per quanto avvantaggioso possa essere un delitto: dunque l’intensione della pena di schiavitù perpetua, sostituita alla pena di morte, ha ciò che basta per rimuovere qualunque animo determinato.

Aggiungo che ha di più: moltissimi risguardano la morte con viso tranquillo e fermo; chi per fanatismo, chi per vanità, che quasi sempre accompagna l’uomo al di là della tomba; chi per un ultimo e disperato tentativo o di non vivere, o di sortire di miseria; ma nè il fanatismo, nè la vanità stanno fra i ceppi o le catene, sotto il bastone, sotto il giogo, in una gabbia di ferro; e il disperato non finisce i suoi mali, ma li comincia.

L’animo nostro resiste più alla violenza ed agli estremi, ma passeggieri dolori, che al tempo ed alla incessante noia; perchè egli può, per dir così, condensare tutto se stesso per un momento per respingere i primi, ma la vigorosa di lui elasticità non basta a resistere alla lunga e ripetuta azione dei secondi. Colla pena di morte, ogni esempio che si dà alla nazione, suppone un delitto; nella pena di schiavitù perpetua, un sol delitto dà moltissimi e durevoli esempi: e se egli è importante che gli uomini veggano spesso il potere delle leggi, le pene di morte non debbono essere molto distanti fra di loro: dunque suppongono la frequenza dei delitti; dunque perchè questo supplizio sia utile, bisogna che non faccia su gli uomini tutta l’impressione che far dovrebbe, cioè che sia utile e non utile nel medesimo tempo. Chi dicesse, che la schiavitù perpetua è dolorosa quanto la