Pagina:Beccaria - Opere, Milano, 1821.djvu/146

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60 dei delitti

ad alcuni pochi ed indolenti tiranni; attacchiamo l'ingiustizia nella sua sorgente. Ritornerò nel mio stato d’indipendenza naturale, vivrò libero e felice per qualche tempo coi frutti del mio coraggio e della mia industria: verrà forse il giorno del dolore e del pentimento; ma sarà breve questo tempo, ed avrò un giorno di stento per molti anni di libertà e di piaceri. Re di un picciol numero, correggerò gli errori della fortuna, e vedrò questi tiranni impallidire e palpitare alla presenza di colui che con un insultante fasto posponevano ai loro cavalli, ai loro cani.„ Allora la religione si affaccia alla mente dello scellerato che abusa di tutto, e presentandogli un facile pentimento ed una quasi certezza di eterna felicità, diminuisce di molto l’orrore di quell’ultima tragedia.

Ma colui che si vede avanti agli occhi un gran numero d’anni, o anche tutto il corso della vita, che passerebbe nella schiavitù e nel dolore in faccia a’ suoi concittadini, co’ quali vive libero e sociabile, schiavo di quelle leggi dalle quali era protetto, fa un utile paragone di tutto ciò colla incertezza dell’esito de’ suoi delitti, colla brevità del tempo in cui ne goderebbe i frutti. L’esempio continuo di quelli che attualmente vede vittime della propria inavvedutezza, gli fa una impressione assai più forte, che non lo spettacolo di un supplizio che lo indurisce più che non lo corregge.

Non è utile la pena di morte per l’esempio di atrocità che dà agli uomini. Se le passioni, o la necessità della guerra hanno insegnato a