Pagina:Beccaria - Opere, Milano, 1821.djvu/188

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102 dei delitti

semplicemente colla morte si toglie alla società. La questione dunque si riduce a sapere, se sia utile o dannoso alla nazione il lasciare una perpetua libertà di assentarsi a ciascun membro di essa.

Ogni legge che non sia armata, o che la natura delle circostanze renda insussistente, non deve promulgarsi: e come su gli animi regna l’opinione, che ubbidisce alle lente ed indirette impressioni del legislatore, che resiste alle dirette e violenti; così le leggi inutili, disprezzate dagli uomini, comunicano il loro avvilimento alle leggi anche più salutari, che sono risguardate più come un ostacolo da superarsi, che come il deposito del pubblico bene.

Anzi se, come fu detto, i nostri sentimenti sono limitati, quanta maggior venerazione gli uomini avranno per oggetti estranei alle leggi, tanto meno ne resterà alle leggi medesime. Da questo principio il saggio dispensatore della pubblica felicità può trarre alcune utili conseguenze, ch’esponendole mi allontanerebbero troppo dal mio soggetto, ch’è di provare l’inutilità di fare dello stato una prigione. Una tal legge è inutile, perchè a meno che scogli inaccessibili, mare innavigabile non dividano un paese da tutti gli altri, come chiudere tutti i punti della circonferenza di esso, e come custodire i custodi? Chi tutto trasporta non può, da che lo ha fatto, esserne punito. Un tal delitto, subito ch’è commesso, non può più punirsi, e il punirlo prima, è punire la volontà degli uomini, e non le azioni; egli è un comandare alla intenzione, parte liberissima