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DI PERISTERA

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     T’ha più volte discinta: hor non è nota
     Favola in Ciel, come costretta anchora
     Fossi inanzi il Pastor, lassare il Cesto
     Talch’ei per te non fusse ingiusto scudo
     Contro l’altre due Dee, volendo insieme
     Il giudìtio da lui del’esser belle?
Egli è ben ver, rispose come prima
     Venere sorridendo, ma pur nuda
     Et senza haver cintura à i fianchi è al collo
     La palma riportai da me bramata.
     Ma poi che così vuoi, debito è bene,
     Che l’arco tu pur lassi, et la faretra;
     Che cinta hai teco, perch’io sempre offesa
     Da l’arme tue, son di temerle astretta
     Et à miei danni imparo esserci cauta.
     Elle tallhor contro tua voglia m’hanno
     Percossa come sai, ne tu frenare
     Puoi te stesso tallhor, ch’a tuoi congiunti
     Non facci offesa più, quando men voi.
Rise Cupido, et gli sovenne in quella
     De la ferita antica alta et profonda
     Un dì, che lei basciando, incautamente
     Per volerla abbracciar, le punse il petto
     Con uno stral, che fé la piaga, donde
     D’Adone si trovò di poi raccesa.
Cosi, senz’altra dar risposta, tosto