Peristera chiamata, la più bella
Et nel volto più candida et gentile
Hebbe de la sua Dea pietate, e doglia
Ch’in un giuoco cotal restasse vinta,
Anchor che glorioso il vincitore
Ella già conoscea per chiare pruove.
Et stata breve spatio in se raccolta
Prese à dir frà suo cor. Dunque à l’amata
Cipria, à cui son cara, io debbo aita
Negar, ne darle almen picciol soccorso,
Se soccorrere i posso à quel che chiede
Non men che l’honor suo, l’ufficio mio?
Ah ch’io debbo trapormi in gioco tale,
Anzi nel gioco lor trapormi io voglio,
Se Nessun patto ò legge indi mi vieta,
Ne puomi Amor vietar con suoi decreti,
Ch’io non m’attenga al mio benigno nume.
Faccisi pur Amor da le sue schiere
Dare aita di poi, quanto gli piace,
Et tutto insieme de gli Amor lo stuolo
Segua la parte sua, ch’io quella parte
Seguire intendo, à che mi sprona il caro
Idolo, appo cui vivo et viver bramo.
Et dicendo cotal, volta à la Dea
Che di Gnido tien cura, ah Dea (con voce
Lieta soggiunse) affretta homai la lena