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LA FAVOLA |
Dal mal nato furor, di rado, ahi lasso,
Misura l’aspre pene con l’offese.
Ben lo veggio sovente, et men vorrei
Ne i raggi del mio Sol, ch’un lieve fallo
Di quest’anima ancella, à gli occhi stanchi
Fa si fosco tallhor, che tutta avolta
Fra tenebre mia vita, in pianti e’n doglie
Attende dal furor de i santi lumi
L’ultimo giorno che men danno fora.
Ma del tutto cagion sei tu mal nata
Ira, peste di cor, velen ch’attoschi
Suo dritto à la ragion; furor che mentre
Sei breve, à lungo mal conduci altrui,
Furor, che mentre regni et hai possanza,
Tal raffiguri il petto acceso quali
Son’à veder’i Corybanti, e gli altri
Ministri di Lyco, che sciocche voci
Et atti privi di saper, sol hanno
Per testimon de le lor menti insane.
Non è cosa ch’allhor te freni e arresti,
Quando tu frenesia pessima hai forza,
Ne mille spade anchor, ne mar, ne fuoco,
Ne Giove co’l suo tuon potria terrore
Darti, ò por freno; onde ben mostri vero,
Come à l’huomo primier da Prometheo
Di limo fatto et qualità diverse