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LA FAVOLA |
Et il timor di fredda neve cinto
Tremava à guisa d’una mobil fronde,
Che Euro da un lato, Austro da l’altra scuota,
Ne gli mancava in si terribil schiera
La disperata, et affannata mente,
Il duol d’ingiusto e incomportabil torto,
Gli tormenti d’Amor fermi et constanti,
L’odio perpetuo di se stesso acerbo,
Sollicito furor, bramma di sangue,
Ostinato voler, chiaro disnore,
A l’ultimo con falce adonca, e fera,
Ch’à ogni cosa creata al fine adduce,
Horrida, magra, tenebrosa, scura
Nel carro d’ogni preda pien sedendo
Morte seguiva in triumphale aspetto,
Tal suol Megera dal tartareo chiostro,
Da mille furie uscir cinta d’intorno,
Quando del sangue di fraterna strage,
O’ del civile disbramar si vuole,
Tal Tisiphone armata l’arco tese
Ad Athamante contro il caro figlio,
Tal Melicerta con la madre spinse
Morte patir nel procelloso fiume.
Da questa impetuosa horribil scorta
Iphi condotto, à la spietata casa
D’Anaxarete gionse, che al sembiante