Pagina:Bellentani - La favola di Pyti, 1550.djvu/86

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LA FAVOLA

     Sprezzar cui seti veri idoli suoi,
     Proccaciar morte à chi da voi depende,
     Più si conviene à chi più pregio brama,
     Et con esempio della greca moglie,
     Che tutte le diurne sue fatiche.
     In finir quel che mai finir non volle,
     Rompendo al lume de l’oscura notte,
     Con duol pudico al suo consorte errante,
     Contra mille amator servò la fede,
     Et con la cruda, et violenta morte,
     Che Lucretia si die, che sempre innanzi,
     Oppone contra ogni fedel amante,
     Vi abbaglia il lume, incrudelisce il core.
Ma lasso oime qual fama, quale honore,
     Qual gloria tanto poi pregiata è questa,
     Ch’in disprezzar d’amor il santo regno
     Pensate d’acquistar eterno nome,
     Che sia pur quanto mai si voglia grande,
     Questa frale caduca incerta gloria,
     Sia sparta pur da l’uno à l’altro Polo;
     Al minor ben, che da un piacer d’amore
     Godon duo lieti, e fortunati amanti,
     Aguagliar non si puo, cio che il Ciel have
     Cio ch’il mondo promette, e cio che dona.
     Furar mi sento il cor l’alma partire
     Con le piume d’amor alzata al volo,