Pagina:Bentivoglio, Guido – Memorie e lettere, 1934 – BEIC 1753078.djvu/10

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4 delle memorie


fra i quali ho sin qui speso il mio tempo, benché tutti si ridurranno a privati, essendo il mio fine, come ho detto, di scrivere solamente a me stesso, e di ricrear quanto potrò in questa maniera per l’avvenire l’ozio, che ora godo in questa etá senile di 63 anni e oramai cadente, o per me piú tosto di giá caduta, in riguardo della mia languida complessione, e della mia debole sanitá, consumata piú dalle fatiche eziandio, che da gli anni. Cosí ingannando me stesso, provarò di nuovo i tempi miei scolereschi di Padova; tornerò a quei primi della corte di Roma; quindi uscirò d’Italia; passerò piú volte l’Alpi ne’ miei viaggi di Fiandra, e di Francia; rinoverò le mie scene publiche nell’una e nell’altra di quelle due nunziature; ritornerò a Roma poi cardinale; rigoderò il medesimo onore da principio; e finalmente m’accorgerò non d’essere in questa maniera tornato a vivere, ma piú tosto un’altra volta a morire; perché in effetto sparí, e sta irrevocabilmente in mano alla morte tutto quel tempo, che è scorso della mia vita passata sino a questi miei giorni presenti. Almeno mi servirá una tal sorte di finto inganno per conoscere di nuovo tanto piú il viver del mondo: scena appunto d’inganni: laberinto d’errori: mare piú infido, quanto è piú quieto; e che a ben navigarlo non basta il sapere umano, se non lo sostiene principalmente il favore divino.