Pagina:Bentivoglio, Guido – Memorie e lettere, 1934 – BEIC 1753078.djvu/263

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libro secondo - capitolo vi 257


non poter piú chiamare cosí subito in aiuto loro i francesi quando potessero averne bisogno in opposizione degli spagnuoli, ma per contrario si era veduto piú volte che il marchesato in mano a’ francesi era come un fomite per accendergli, anche senza necessarie occasioni, a portar l’armi in Italia ed a sconvolgere in- essa la quiete in vece di assicurarla, ed in ogni evento potevasi restar con l’accennate speranze che i francesi saprebbono con il ferro in mano trovare le vie di rientrare in Italia, quando piú l’occasioni lo richiedessero.

Tutte queste considerazioni facevano lodare in universale grandemente l’effettuazione della pace, ma erano grandissime le lodi in particolare che si davano al pontefice per un tal successo, nel quale i suoi offici la sua autoritá e l’interposizione del nipote facevano godere un sí gran beneficio, non solamente alla Chiesa e alla sede apostolica, ma insieme a tutte le parti che potevano piú averne bisogno in cristianitá; né si può esprimere il giubilo che da lui ne fu dimostrato, e con ringraziamenti publici a Dio e con ogni altra maggior allegrezza publica in Roma.

Fra tanto era giunto a Ferrara il legato, e d’indi seguitando per terra il viaggio era andato a Loreto a fine di rendere in quel celebre santuario le debite grazie a Dio e alla santissima Vergine del felice successo che aveva avuta la sua legazione. Di lá speditamente egli giunse a Roma dove fu ricevuto dal zio con ogni piú viva dimostrazione di tenerezza e di onore, e insieme da tutta la corte con ogni piú festeggiante applauso di voci e d’ossequio. Dopo il concistoro publico che suol darsi a’ legati e quando partono e quando ritornano, egli poi ripigliò il solito ministerio di prima.