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lettere diplomatiche 313


La principessa di Condé pur anche ha voluto venir a Parigi senza averne prima dimandata licenza al re. Onde Sua Maestá, prima che ella giungesse, li fece sapere che si fermasse qua fuori una lega ad un luogo del prencipe, finché la Maestá sua li facesse intendere la sua volontá.

L’arcivescovo di Tours sta nascosto, e non si sa dove; e non si sa se s’abbia a procedere contro di lui, ch’è povero uomo di spirito e del tutto innocente. Il figliolo d’Ancre è ritenuto in casa con guardie, e non si sa quello che ne faranno. Sono privati d’officio tutti quelli che erano stati posti nel Lovre per favor d’Ancre, e contro i suoi servitori è uscito un bando rigorosissimo che debbano uscir di qua. Non è rigor ma rabbia quella che s’usa contro di lui e contro ogni cosa sua. Ma tutto potrebbe passare se non fosse la miseria della regina madre, derelitta abbandonata ritenuta come presa, e contro la quale il re si mostra sempre piú duro. Ma quel che tocca alla regina Vossignoria illustrissima lo vedrá in cifre a parte.

Oltre a molti indizi grandissimi della rovina imminente di Ancre, me n’aveva assicurato in particolare il vescovo di Lusson, con circostanze tali che mi pareva di non ne poter dubitare. Dopo l’ultimo spaccio, mi communicò il medesimo Lusson che egli e Barbino avevano dimandata licenza alla regina madre, e che egli specialmente era tornato a dimandarla piú volte con grand’istanza, e con dichiarazione aperta che egli con buona coscienza non poteva essere ministro della violenza d’Ancre. Il re seppe questa sua risoluzione, onde, fatto ammazzare Ancre, lo fece chiamare e l’accarezzò, ed il signor di Luines, che ora è il favorito, l’ha assicurato anch’egli della buona disposizione del re, e che egli parimente fará in suo servizio quanto potrá. S’eran poste guardie a Mangot, ma poi glie l’han levate. Barbino, per aver maneggiato danari, forse potria correr qualche borasca.

Di Parigi, li 25 aprile 1617.