Pagina:Bentivoglio, Guido – Memorie e lettere, 1934 – BEIC 1753078.djvu/437

Da Wikisource.

dai carteggi domestici 431


danari non mi restava che desiderare: fatelo quanto prima, di grazia, perché vi giuro da vero fratello che mi trovo in grandissima necessitá. Quanto ai muletti vi ringrazio dell’offerta. Io, per Dio grazia, non vi avrò a dar spesa dei miei. E tenetemi pur addosso quante spie volete che non iscoprirete magagne. Non posso giá negare di non aver anch’io delle dame qui che mi vogliono bene, e giuro a Dio che alcune volte duro fatica a difendermi. Ma pur mi difendo, se non che è forza per galanteria scrivere qualche letterina piccante, che se intendeste spagnuolo ve ne farei parte. O che belle storie avremo a contare se piacerá a Dio che una volta ci rivediamo!

XI

Allo stesso.

Signor fratello. Finalmente Vostra signoria ha voluto lasciar passare l’anno intiero senza avermi mandato danari. Lodato Dio! Non so che mi dire, se non aver pazienza. Ancorché confesso che questa è una pazienza che mi passa l’anima, veggendomi ridotto ad esser favola, si può dire, di questa corte, e mi trovo accorato in maniera dal disgusto che se potessi non esser mai capitato qua mi terrei per molto contento. Ora io mi trovo con ventisei mila fiorini di debiti almeno, che fanno piú di dieci mila filippi, impegnati quasi tutti gli argenti, malissimo in ordine di tutte le cose, con la famiglia che avanza lunghi salari, e che ha sopportate ormai tante lunghezze che non so come non m’abbiano abbandonato giá un pezzo fa. S’io avessi i sei mila ducatoni che avanzo verrei a scaricarmi quasi di sette mila filippi, e quando ben me ne restassero tre mila non sarebbe sí gran cosa in sette anni di residenza fra tante spese ed alloggi, e con essere stato si male trattato. Ma non voglio dir altro se non che quando Vostra signoria non possa per altra via rimediare alle mie necessitá,