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442 nota


di carte 184. E perocché quel codice istesso dopo il frontespizio, e un indice di tutte le scritture del Bentivoglio, ha, non so come, precedenti le lettere del nunzio due lettere di Gian Paolo Oliva — vicario generale dei gesuiti — al padre Bell’uomo provinciale, e al padre Aurelio Croce rettore della compagnia in Ravenna, segnata la prima del io dicembre, la seconda del 14 dell’istesso mese 1661, e al margine sinistro della prima lettera dell’Oliva sta scritto: «copia di una lettera del nostro reverendo padre vicario generale ecc.» tenendo conto di quel «nostro» e non essendo l’Oliva diventato generale che nel 1669, deduco essere la copia esemplare stata fatta tra quest’anno e il 1661 da un gesuita; l’altra nell’anno messo sul frontespizio. Il codice delle lettere in cifra è scritto dalla stessa mano del codice delle lettere piane».

Se si controlla l’edizione dello Scarabelli sui codici da lui seguiti, si può dire, in generale, che è fedele ad essi, né si può accusare lo Scarabelli di trascuratezza. Ciò non toglie, s’intende, che in qualche punto vi sia qualche parola non del tutto esattamente interpretata, qualche lacuna e qualche menda che non sorprende, se consideriamo il numero non piccolo delle lettere diplomatiche fra quelle in cifra e quelle no. Noi ben poco abbiamo tolto dal codice delle lettere in cifra, e precisamente solo qualcosa che per importanza indiscutibile non ci siamo sentiti di trascurare.

Ora, intorno all’edizione Scarabelli ed ai codici suoi si pronuncia con molta, anzi vorremmo dir subito con troppa, a nostro giudizio, e non del tutto giustificata severitá il De Steffani, il quale ha ripubblicato le medesime lettere riproducendole, egli afferma, direttamente dagli originali, esistenti nell’archivio Bentivoglio in Ferrara, e da lui potuti avere dal marchese Nicolò nel 1861. Dice, adunque, il De Steffani dell’edizione scarabelliana: «... ma chi prenda in mano quella, sin qui unica, edizione e ne legga solo poche pagine, gli parrá che l’autore gli si impicciolisca fra le mani, e facilmente concluderá che non sieno lettere di lui. Ciò gli avverrá, non tanto per le frequenti scorrezioni della stampa e per la capricciosa e matta punteggiatura, quanto pe’ nomi, che di punto in punto ricorrono, cosí sformati che non hanno riscontro alcuno nella storia e nelle memorie contemporanee; per que’ controversi che nascono da voci ommesse o dall’introduzione di altre di contrario significato; per quella confusione di tanti e cosí disparati soggetti in una lettera sola, senza neppur ripigliar da capo