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Pagina:Berchet, Giovanni – Poesie, 1911 – BEIC 1754029.djvu/24

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Chi sa mai se dell’uom generoso
fien disdetti i soccorsi od accolti?
Ma una voce prorompe; s’ascolti :
è il ramingo che sorge a parlar:
— Tienti i doni e li serba pe’ guai
che la colpa al tuo popol matura:
lá, nel di del dolor, troverai
chi vigliacco ti chiegga pietá.
Ma v’ è un duolo, ma v’ è una sciagura
che fa altero qual uom ne sia còlto:
e il son io; né chi tutto m’ ha tolto
quest’orgoglio rapirmi potrá.
Tienti il pianto; noi voglio da un ciglio
che ribrezzo invincibil m’ inspira.
Tu se’ un giusto: e che importa? sei figlio
d’una terra esecranda per me.
Maledetta! Dovunque sospira
gente ignuda, gente esule o schiava,
ivi un grido bestemmia la prava
che il mercato impudente ne fe’.
Mentre ostenta che il negro si assolva,
in Europa ella insulta ai fratelli;
e qual prema, qual popol dissolva
sta librando con empio saver.
Sperdi, o cruda, calpesta gli imbelli !
Fia per poco. La nostra vendetta
la fa il tempo e quel Dio che raffretta,
che in Europa avvalora il pensier.
Io vivea di memorie; e il mio senno
da manie, da fantasmi fu vinto.
Veggo or l’ire che compier si denno,
e piú franco rivivo al dolor.
Questa donna che piansemi estinto,
questa cara a cui tu mi rendesti,
piú non tremi: a disegni funesti
piú non fia che m’induca il furor.