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Pagina:Bernardino da Siena - Prediche volgari I.djvu/150

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114 predica quarta

l’altro; l’uno consorto l’altro; l’uno amico l’altro; l’uno compagno l’altro. Oimè! ponetevi mente, chè elli v’ha già sì condotti, che elli vi fa pèrdare i beni temporali anco i beni spirituali e eternali. Doh! Hami tu anco inteso? Sì; io non vi parlo in francioso.

Anco viene a’ ciechi colla terza minaccia, dicendo:Nescies qua hora veniam ad te: — Tu non saprai a che ora io verrò a te. — Oimè, che noi non consideriamo in quanta miseria noi siamo! che non che noi potiamo sapere a che ora Idio verrà a noi: ma noi non potiamo sapere pure a che ora nasce uno pulcino dell’uovo che tu poni alla tua chioccia. Or, guarda tu, che vuoi sapere a che ora Idio verrà a te! Nol cercare, chè mai nol potrai sapere, se non quando elli verrà; imperò che elli non vuole che noi el sappiamo. Per che cagion non vuole che noi el sappiamo? Due ragioni ci so’ perchè elli non vuole. Prima perchè i buoni s’accendano in disiderio di sempre far bene, stando sempre desti in orare e in fare l’operazioni buone, acciò che quando elli viene, ellino non faccino alcuno male, o che ellino non sieno trovati stare oziosi. La siconda, perchè il gattivo il quale vive male o vuole vivare male, se elli sapesse quando Idio dovesse venire, elli farebbe male insino apresso al tempo che dovesse venire. E questo è perchè Idio non vuole che si sappi l’ora sua; che per questo l’uno fa l’òpare buone, e l’altro si guarda di far male; sai, come Idio ci dimostra in queste parole; come fa il marito alla sua donna, il quale è di fuore, e elli scrive a lei dicendo: — tosto sarò costà. — Non dice: — il tal dì sarò costà, — acciò che questa due cose ella facci; cioè facci bene, e che abbi temenzia del far male, dicendo in se medesima: — elli pur dicie che verrà: io voglio che quando ella viene, che mi truovi fare buone