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Pagina:Bernardino da Siena - Prediche volgari I.djvu/20

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xii introduzione


largo e trionfare nei campi incruenti ma gloriosi di quelle sante battaglie.

Come illustrazione di opinioni e costumanze, come specchio di un’età ch’era stata l’erede delle maggiori creazioni letterarie ed artistiche del nostro paese, poche scritture posson gareggiare con queste Prediche. Nelle quali poi chi ha serbato ancora ombra di gusto in mezzo al folleggiare odierno di strani cervelli, troverà, come dice l’Autore del Prologo, nuovo stile e regola, e grandissimi i pregi della lingua, che è pur quella aurea del trecento, non come negli scrittori si legge, ma come si continuava a parlare dal popol sanese. V’ha quindi una mirabile trasparenza di forma; una grazia, una serenità senza pari, e dovizia di parole e locuzioni eleganti ed efficacissime. Direi che vi si sentono le aure fresche e leggiere che spirano nelle prime ore del giorno al cadere della state; di quelle ore in cui le Prediche furon dette, acciocchè il traffico o la bottega non impedisse al mercatante o all’artefice d’ascoltarle, e alla buona massaia la famiglia1. È nella sostanza la lingua stessa delle Lettere della Benincasa; ma resa più varia, e nelle mo-

  1. «O donne, che vi pare di questo tempo da predicare? Quanto ch’è da me, io dico che me ne pare molto bene, che elli è uno boccone ghiotto furato al diavolo: elli non piove; elli non è freddo; elli non è caldo, non vento. Elli è uno diletto in barba al diavolo.» (Predica vigesimasettima). Si raccoglie da più luoghi delle Prediche ch’egli diceva messa e predicava ogni mattina all’alba. E racconta che essendo a Crema in tempo di vendemmia, predicava di notte; «e tanto di notte, che io avevo predicato all’aurora quattro ore» (Predica decimaseconda, pag. 285).