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492 | predica quadragesimaquinta |
rò in eterno. Che credi che fusse questo dire, ne la mia abondanzia? Fu superbia, e però subito cascò nella fornicazione e nello omicidio. Non ti levare mai tanto alto che tu tôlla quello che è di Dio e dielo a te. Fa’ che sempre in ciò che tu fai, facci coll’aiuto di Dio. Adiutorium nostrum in nomine Domini, qui fecit coelum et terram. L’aiutorio nostro sia nel nome di Dio. Se tu ti fidi di te medesimo, tu impararai come so fatti e’ morsi del mondo. Fosti tradito da te medesimo, e tu ti guardarai un’altra volta e non ti fidarai. E per questo cognosciarai meglio un’altra volta i contrarii tuoi: quando egli è caduto, egli cognosce la malizia: conosce meglio e’ diavogli, conosce meglio gli uomini, conosce meglio i peccati, e così da ognuno di questi si guarda. Unde nello Ecclesiastico: Qui non a finitate et ruinate in aqua1. Chi non è tentato o ruinato qualche volta da che egli, o che è egli buono. Egli tiene meglio a mente e meglio si sa guardare da’ peccati: se cava utilissima prudenzia, elli sì, cognosce el mondo e le sue malizie e peccati: e quando egli gli cognosce, se ne sa meglio guardare. Chi impara a le sue spese tiene meglio a mente; come disse colui all’ortica, perchè sapeva che cosa ella era, che disse, tu non mi ei cogli più chè io ti conosco mal’erba, e così sta sempre desto per potersi guardare.
Sicondo guadagno è umiltà con ubidienzia.
L’anima che è mal vissuta, e vedesi mal capitata, fracassati e rotti i comandamenti di Dio e vedesi fuore de’ suoi consigli, comincia a ritornare in sè e dice: dove so’ io? Oimè che ho io fatto? E dice come disse Davit. Cogitavi vias meas et converti pedes meos in testimo-
- ↑ Il passo citato, evidentemente scorretto, non è dell’Ecclesiastico, nè abbiamo saputo trovarlo nella Bibbia.