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LA TESTA DELLA VIPERA 103

gliato. Che sicurezza d’occhio e che fermezza di mano!

— Peuh! esclamò con indifferenza Emilio, gettando in là la pistola; e voltandosi a un tavolino dov’era un servizio da liquori, si mescette un bicchierino di acquarzente che tracannò d’un fiato. Ne caccierei nello stesso buco cinquanta, cento delle pallottole, l’una dopo l’altra.

— Ah! non sarebbe molto propizio alla salute l’andare a soffiare sotto il naso di vossignorìa.

— Una volta s’aveva poco da scherzare meco; ero un solfino, m’accendevo subito; ma ora ho messo tanto ghiaccio nel mio sangue, che a farlo ribollire ce ne vuole!...

Battista, compiuta la sua missione, prendeva commiato.

— Aspettate, gli disse Emilio. Assaggiatemi un po’ questo cognac.

E gli mescette un buon bicchierino, atto a sciogliere lo scilinguagnolo.

— Ditemi un po’ se vi gusta.

— Oh! eccellente! esclamò Battista, centellinando quel fuoco liquefatto e facendo schioccare la lingua contro il palato.

— I vostri padroni non ne hanno di simile.

Battista fece un gesto evasivo.

— Non è punto cattivo quello di casa Nori, ma io ritengo che il mio è migliore. Che cosa ne dite?

— Mah!... non saprei... Quello di casa non l’ho mai assaggiato.