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106 LA TESTA DELLA VIPERA


XII.

Era venuta l’estate, e la famiglia Nori stava per andarsene in campagna: con lei naturalmente partivano i due Danzàno padre e figlio. Lograve fece venire Battista a casa sua.

— Voi m’avete detto, cominciò tosto Emilio, che siete figliuolo d’un mezzadro d’Alberto.

— Sì, signore.

— Siete dunque pratico di quel paese?

— Pensi un po’!... Ci sono nato, e non ne son venuto via che ai diciott’anni... tutte le stati vi vado coi padroni a passarvi tre mesi...

— Ed è proprio in quella fattorìa dov’è vostro padre che i Nori vanno a scampagnare?

— No, signore... La fattorìa non ha che gli edifici rustici. I padroni abitano una villetta posta più in su, a venti minuti di lontananza, una bella villetta, bene esposta con una magnifica veduta, ma con un palmo di giardino e niente più.

— Se alcuno volesse andare a passare in quel paese una quindicina di giorni, ci troverebbe una locanda?

— Oh, sì, signore; ma una povera locanda dove starebbe male... È già migliore l’osterìa di X... villaggio lontano di là un dieci o dodici chilometri... bel villaggio, proprio alla frontiera verso la Svizzera.

— Di quello non m’importa... Vi parlo del vostro paese.