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140 LA TESTA DELLA VIPERA

— Non farmi interrogazioni... va e fa la commissione subito...

— Ti faccio venir qui il padrone.

— No, no: io non posso fermarmi... Bisogna ch’io vada... mi raccomando... presto... presto per amor di Dio!

E senza voler aspettar altro, Battista voltò le spalle, e se ne andò correndo com’era venuto. Raggiunse il carrozzino, ci saltò dentro, riprese le briglie, e via di nuovo al galoppo.

Se Alberto e Cesare, udito di questa comparsa di Battista e delle cose da lui dette, si spaventassero, è facile a pensarci.

Imaginando chi sa quale disgrazia, fecero in un baleno allestire il biroccino, e sferzando spietatamente il cavallo, andarono verso la villa. Ma prima che vi giungessero, già era suonato il tocco al campanile del villaggio.

Matilde non avrebbe saputo dire da quanto tempo dormisse o meglio fosse assopita, quando si sentì scuotere come da un interno commovimento, da un intuito instintivo che l’avvisasse d’un imminente pericolo. Si drizzò a sedere, volse intorno gli occhî spalancati, vide un uomo che entrava cautamente in camera, si fermava come incerto del da farsi. Un grido le venne alle labbra, ma lo soffocò, perchè, coraggiosa com’era, serbando la calma dello spirito, pensò allo spavento che ne avrebbero avuto il padre, vecchio e malaticcio, e i bambini che dormivano lì presso. Si gettò giù dal letto, e, riparata dalla tenda dell’alcova, indossò in fretta e