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150 LA TESTA DELLA VIPERA

giovane donna, con aspetto di maggior coraggio e sicurezza che non fossero in lei, ma col cuore che le palpitava da farle male. No, non sono in tua balìa: fra di noi v’è il sacro capo incanutito di questo vecchio. Mi difende mio padre.

Emilio ebbe un diabolico sogghigno.

— Bella difesa, disse, un uomo che non sente e che non vede!

E il tristo fece un passo verso la donna. Questa si gettò dietro una tavola a farsene riparo.

— Come! esclamò. Oseresti?

— Tutto! rispose con selvaggia energìa Emilio. Tutto, ti dico: e persuaditi bene che nulla... nulla, capisci... mi potrà fare rinunziare al mio proposito, nè impedirmi d’eseguirlo. Ah! tu mi hai respinto, disprezzato, amareggiato, abbeverato di fiele, con una crudeltà inesorabile... Hai tu creduto che il mio amore si estinguesse per l’ira e pel dolore? No; si è anzi rinfiammato viepiù, si è invelenito, inciprignito... è un amore feroce, che forse somiglia all’odio, ma che vuole soddisfazione... Da tanti anni ho vagheggiato questo momento; l’ho voluto e l’ho preparato, mi sono corrosa l’anima all’aspetto della felicità d’un altro, ho sofferto spasimi infernali, ho dissimulato, ho sorriso. Sono diventato agnello... E ora che tengo in pugno la mia vendetta, lo sfogo della mia passione, ora mi arresterei a quattro tue parolette, alle tue lagrime, forse al muto aspetto di quel vecchio addormentato? No. L’agnello scompare, si rivela il leone, e a nulla serviranno le tue preghiere.