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178 LA TESTA DELLA VIPERA

— Emilio! Emilio! esclamò Matilde stringendo le mani quasi in atto di preghiera, e mettendo nella sua voce una intonazione più calda. Nessuno, ti ripeto, potrebbe accusarti... Io ti difenderei... Ogni anima bennata... che dico?... Tutti, tutti riconoscerebbero in questo un atto di generosità, un atto di cui la tua anima deve pure essere capace... Pensa che avresti una riconoscenza eterna in me, ne’ miei figli, che ti benediranno e pregheranno per te tutta la vita... Oh, ci deve pur essere nel tuo cuore una fibra che si commova al pensiero di essere benedetto come il salvatore d’una famiglia!... Pensa al tempo in cui ti sarà sopraggiunta la vecchiaja, in cui s’accosterà il giorno della morte. Non sai tu che il pensiero del male che avrai commesso ti affannerà le ultime tue ore? che vedrai i fantasmi delle tue vittime apparirti ad imprecare e maledire? Invece il ricordo della generosa azione ch’io ti domando, ti sarà di conforto e di speranza!...

Parve a questo punto a Matilde di vedere dileguato dal volto del cugino quel sogghigno scettico e ironico con cui egli aveva ascoltato fin allora le parole di lei e un’ombra di commozione manifestarglisi negli sguardi. Era invece che la emozione della giovane donna dava alla bellezza di lei nuove attrattive, nuovo splendore, e, a dispetto di tutto, ridestavasi in lui la fiamma della concupiscenza.

Essa, illusa, gli si fece più presso, gli prese le mani; pensando ai figli, la madre superò ogni