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LA TESTA DELLA VIPERA 39

sputando, sternutando, purgandosi, gridava con voce soffocata dalla rabbia:

— Ah! porco! ah cane d’un cane!... Aspetta, aspetta, che ora ti schiaccio come una cimice.

E appena ripulitosi un poco, fece per slanciarsi contro Lograve: questi, freddo freddo, teneva impugnato il coltello anatomico, e gli gridò con l’accento di una risoluzione irremovibile:

— Se tu mi vieni addosso, ti pianto questa lama nel cuore, com’è vero il sole!

Tutti i presenti capirono ch’egli avrebbe fatto quello che diceva: e gettatisi in mezzo, trattennero il furibondo che urlava:

— Ah, mostricciuolo infame, caricatura di scimiotto, me la pagherai, mi darai soddisfazione.

— Quanto e come e dove e quando vorrai, e ti so dir io che avrai finito di fare il gradasso e insultare la gente.

I compagni intromessisi trassero via di là lo sbuffante giovane: e Lograve pensò subito a procurarsi due padrini che lo assistessero nel duello dall’avversario minacciato e da lui desiderato. Uno lo scelse fra i condiscepoli, l’altro volle che fosse il cugino Cesare, al quale piacevagli far conoscere la sua abilità nelle armi, la sua freddezza nel pericolo, la sicurezza della sua vendetta. Ai suoi rappresentanti egli commise di accettare qualunque arma fosse proposta, volle gli promettessero che quando troppo leggiere fossero le condizioni dello scontro dagli avver-