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42 LA TESTA DELLA VIPERA

persino offendere la sua dignità personale, ma che, giunte le cose a tal punto che il tacere più oltre sarebbe stato viltà, egli aveva sentito che doveva a sè stesso e a’ suoi congiunti medesimi di farsi rispettare, che il padrino finì per dargli ragione. Matilde non partecipava gli entusiasmi del fratello per quel sornione del cugino; ella scuoteva il suo bel capo riccioluto e non trovava che quello di sapere ammazzare freddamente altrui fosse un merito da compensare tutti i difetti fisici e morali ch’essa credeva notare in Emilio. La sorella di Cesare contava allora quindici anni ed erasi fatta ormai una giovinetta più bella ancora e piacente di quanto fosse stata da bambina: era di una mitezza d’animo e di una bontà di cuore davvero straordinarie: non poteva vedere a soffrire nessuno, avrebbe voluto sollevare ogni dolore, cambiare a tutti in gioja il tormento, avesse dovuto assumersi essa quest’ultimo: aborriva necessariamente i prepotenti, i crudeli, i maligni, i superbi.

VII.

Emilio contava ventidue anni e aveva preso la laurea in medicina. Frequentava con bastevole diligenza l’ospedale a cui era stato addetto assistente, ma con più assiduità sempre le sale d’armi e i tiri a segno, viveva sceverato da ogni godimento, tenuto a corto com’era dalla malavoglia paterna.

I soccorsi scarsi che con umiliante insistenza