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parole, come a voi s’aspetta col fatto, ed esser filosofo con grazia, cosa rara tra noi. Parrà troppo lungo questo proemio a chi dee conversar con amore; ma sembrandomi brevi i momenti che voi mi donate, permettetemi due parole ancora. Voi non ignorate l’obbligo de’ mecenati. So che siccome s’ha per vile l’indigenza, così una lettera dedicatoria, che pur troppo è simbolo della fame, altro non fa che indur nausea. Con tutto ciò io vi consacro questi dialoghi, e chieggio un premio; ma quel che chieggio è cosa, di cui non siete molto avare. La ricompensa e la protezione, che sola bramo, è il favor vostro, che negar non potete a un caro amico, che or vi parla per me tutta spiegando l’idea da gran filosofo:
Non si distrugga amor, funesta al mondo
La perdita saria, sotto la cura
Di rigido maestro il folle ingegno
Impari a moderar, fanciullo ancora