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voloso, o un pavimento, od i finissimi caratteri di un manoscritto.
Il Macigno è un miscuglio di particelle argillose, calcari e quarzose e di pagliette di mica. Di colore grigiastro, o azzurognolo, diviene gialliccio sotto l’azione dell’aria e della luce: spesso vi si trovano disseminati cristalli di quarzo (SiO2), anche di quelli famosi per le loro isoorientazioni e chiamati distorti, aeroidi, a tremìe, in camicia.
Come l’Alberese anche il Macigno è povero di fossili, e se qualcuno vi se ne è trovato, come Echini, Foraminifere, Lutraria, Lucina, Tapes, Venus, ciò si è avverato nel macigno del territorio bolognese. Siccome però la formazione è identica, la presenza di tali fossili ed alcune minutissime carbonizzazioni che vi si incontrano, ci dànno il diritto di ascrivere il Macigno all’Eocene, all’Oligocene ed al Miocene, come anche in parte al Cretaceo superiore.
Sottoposte all’azione degli acidi, alcune qualità del macigno toscano, rendono le reazioni del carbonato di calcio e dell’ossido idrato di ferro (CaCO3 ed H6Fe4O9.); segno evidente che il cemento che unisce insieme le varie particelle non è in essi solamente calcareo, come in quasi tutti i macigni, ma anche ferroso. Come ogni