Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/119

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capo vi. 111

il frate le cacciava dal corpo i diavoli, lo regalava con belle pezze di rasi, e mussole e tele fine, che poi Lagrimino, Gabriele e monsignor nunzio a Venezia si dividevano da buoni amici. La ruberia fu scoperta; Lagrimino fuggi; gli fu fatto il processo e fu intaccato nella truffa anco Frà Gabriele; della qual cosa essendone corsa la fama a Roma, il general Lelio lo accusò al governatore, che fecelo portare in carcere. Ma quelli che avevano avuto parte dei rasi e delle mussoline ne ebbero scandalo. Il Santa Severina specialmente ne fece uno scalpore da non dirsi col pontefice, e tanto adoperò, finchè dopo pochi giorni fu rilasciato il Dardano e in sua vece fu sostenuto il generale come calunniatore.

Intanto fra intrighi e accuse quella fratesca rimestura durava da più anni. Il papa voleva perdere la testa: spediva brevi di qua e di là, s’interessavano cardinali, vescovi, prelati e sopratutto le monache; e tanto si erano riscaldati gli spiriti che dovendosi tenere un Capitolo a Vicenza, convenne alla polizia di mandarvi una grossa squadra di sbirri. I quali sapendo che i frati fanno voto di povertà, non di astinenza, visitarono divotamente la cantina e dispensa loro, e sì si avvinazzarono ed empirono, che fu facile ai Servi di Maria di disarmarli; e sbirri e frati stavano in punto di venire alle archibugiate, se la prudenza di Frà Paolo colle preghiere colle esortazioni e usando di tutto l’ascendente di cui godeva, non impediva quel pazzo e scandaloso furore.

(1597). Era convocato a Roma il Capitolo pel primo di giugno. Gabriele scaduto dal provincialato