Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/154

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146 capo ix.

tito in legge obbligatoria. Un secolo dopo, Zosimo volle prevalersene contro il clero d’Africa, il quale invigorito da Sant’Agostino rigettò il canone e dichiarò irrite le appellazioni di oltremare; ma i papi non trovando sempre e dapertutto una uguale resistenza, a forza di ripetere i tentativi sortirono l’effetto di radicare l’abuso delle appellazioni a Roma.

Venticinque anni dopo il concilio di Sardica Dàmaso ottenne dall’imperatore Valentiniano I una legge che dava facoltà al vescovo romano di giudicare gli altri vescovi; e Leone I detto il Grande ottenne dall’imperatore Valentiniano III altri rescritti ancora più larghi e più profittevoli alla sua Sede. Dei quali favori non conviene sempre dar colpa alla imbecillità dei principi o alla astuzia de’ pontefici; ma a circostanze naturali e ai bisogni de’ tempi e della politica. Il clero incominciava a influenzare il popolo, e decadendo l’Impero e le provincie essendo piene di disordini, e moltiplicandoli i preti colle loro discordie, tornava utile alla corte imperiale d’Italia d’ingrandire i vescovi di Roma, perchè al principe più vicini e più soggetti, e di ridurre tutta in quelli e nel loro concilio la potestà sacerdotale cristiana a modo che la pagana la era nel pontefice massimo e nel suo collegio.

In Oriente, dove il cristianesimo si assodò più presto, molte erano le Sedi che si dicevano fondate dagli apostoli e molte le città per grandezza e ricchezza rivali; quindi emulandosi i vescovi ed essendo la religione turbata da eresie, nissuno potè alzarsi tanto da dominare gli altri. Quelli di Ales-