Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/193

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capo x. 185

tuzione, non certo così metafisica come alcune imaginate dai moderni, ma più utile e meno imbarazzante nella pratica. Al popolo il diritto di eleggere i suoi rappresentanti ogn’anno; e i rappresentanti, non potendo congregarsi ad ogni bisogno per essere in troppo numero e occupati ne’ privati negozi, delegavano parte dei loro poteri al Senato, scelto dal loro seno, il quale colla sua permanenza era freno alle usurpazioni del doge. E questo doge, eletto dai rappresentanti, a vita, aveva tanto potere che basti al piano e spedito andamento degli affari di guerra e civili, e privo solo dell’infelice attributo di poter nuocere. I sei consiglieri erano il ministero, la Quaranzia il tribunale giudiziario, onde la divisione dei poteri e dei lavori fu trovata dai Veneziani assai prima delle altre nazioni.

Questa costituzione subì un importante mutamento ai primi anni del secolo XIV, Venezia, per l’estensione del suo commercio e per la protezione accordata all’industria, allettava gran numero di forestieri; ed ivi riparavano solitamente i profughi delle città d’Italia scacciati ora da’ Guelfi ora da’ Ghibellini, nomi ignoti nelle lagune: vi apportavano capitali e nuove arti, e ricevevano protezione e cittadinanza. Ma la gelosia delle repubbliche di escludere gli estrani dalla participazione al governo produsse quella rivoluzione conosciuta nella storia col nome di Serrata del Gran Consiglio. Da prima le vecchie famiglie si adoperarono a ristringere sempre più in loro la somma delle cose; poi il doge Pietro Gradenigo fece passare la legge che il Maggior Consiglio non si componesse se non se di tali