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Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/215

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capo x. 207

siglio dei Dieci s’inframetteva tosto, e carcere, esilio, confisca erano i soliti guadagni che facevano i preti. I Dieci annullavano persino i testamenti a favore di corporazioni religiose, quando gli eredi se ne querelavano, e indiziavano che fossero stati carpiti; e il frodatore, per soprassoma, era senza altra formalità o processo bandito in sul punto: i gesuiti ebbero a patire più volte di queste mortificazioni. Nissuno poteva invocare grazie o beneficii da Roma se non per mezzo del governo; e all’ambasciatore in quella capitale era vietato di accettare dignità o beneficio ecclesiastico senza il consentimento del Senato: se infrangeva, anco suo malgrado, la legge, pativa bando perpetuo e confisca, e tutti i suoi congiunti esclusi dai consigli. E la diffidenza per gli attentati di Curia andò tanto innanzi, che trattandosi di cosa in cui fosse interessata la corte romana si facevano uscire dai consigli i papalisti, quelli cioè o che parteggiavano per la Curia o che avevano figli congiunti nel corpo ecclesiastico.

Del resto il clero in Venezia viveva molto agiatamente, e i Regolari in ispecie, sciolti da quella soggezione che rendeva altrove incresciosa la monotonìa del chiostro, vi stanziavano volentieri, e ne partivano a male in cuore.

E per dire alcuna cosa delle provincie, il governo vi aveva assai buone radici: elle si regolavano con particolari statuti; molte libertà municipali, varii privilegi, amministrazione economa e paterna, tributi modici, assai vantaggio dal commercio della capitale, i popoli vivevano contenti e affezionati: molto più confrontando la condizione infelice delle