Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/223

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capo xi. 215

obbediva. Era tanta la fretta con cui si operava nel gabinetto papale, che i segretari s’imbrogliarono e non spedirono che il primo, ma in doppio esemplare, senza che dell’errore si accorgessero. Il nunzio veggendo che la Repubblica spediva un ambasciatore straordinario a Roma, credette bene di soprassedere, del che fu acremente rampognato dal pontefice che gli comandò di presentarli sul momento; ed egli li presentò il giorno di Natale, intanto che il doge Marino Grimani agonizzava, e il Senato assisteva a messa solenne cogli ambasciatori. Ed essendo morto il doge quella istessa notte, stante gli ordini della Repubblica i Brevi non poterono essere aperti fino a nuova elezione; ma il nunzio, a nome del papa, si presentò alla Signoria intimando che non eleggessero altro doge, essendo scomunicati, e conseguentemente incapaci a fare atto pubblico. Ma i Veneziani se ne risero ed elessero a’ 10 gennaio 1606 Leonardo Donato, procuratore di San Marco, versatissimo negli affari, assai pratico di Roma ove era stato ambasciatore sette volte. È fama che in una di quelle occasioni, essendo Paolo V tuttora cardinale e ragionando fra loro delle frequenti contese giurisdizionali tra Roma e Venezia: Se fossi papa, disse il Borghese, alla prima occasione vi scomunicherei. — Ed io se fossi doge, rispose il Donato, mi riderei della scomunica. Volle fortuna che l’uno fosse papa e l’altro doge, e tennero la parola.

(1606 gennaio). Aperte le lettere del papa, il Senato si avvide che in affare così delicato, e dove era risoluto di sostenersi, bisognava procedere con senno e guadagnarsi la persuasione pubblica. Fu