Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/231

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capo xi. 223

ravigliosa concordia votava sempre ad unanimità di suffragi. L’ambasciatore di Francia lo esortava alla pace; ma tirato dal suo mal genio, spinto dai cortegiani, a furia, di sua testa, senza udire il parere di nissuno, scrisse egli medesimo il monitorio, lo fece stampare, e a’ 17 aprile convocò il concistoro dei cardinali. Nel portarvisi, fu sorpreso da molti dubbi, si fermò in capo alla scala, ondeggiò, fu per tornare indietro; ma il cardinale Arrigoni gli fece animo: consiglio funesto.

Disceso nel concistoro proruppe in lamenti contro i Veneziani, espose le sue ragioni, la loro pertinacia, mostrò il monitorio e chiese i voti: formalità inutile, perocchè quando gli affari si portano in quel sacro collegio sono già belli e decisi nel gabinetto del papa. Il cardinale di Verona consigliò pacatezza, maturità, riflessione. Rispose il papa che ci aveva pensato abbastanza, che era sicuro di quel che diceva: quand’è così, replicò il cardinale non ho altro a ripetere. Il cardinale d’Ascoli approvò con un profondo inchino; Zappata aggiunse che i preti sotto ai Veneziani erano a peggior partito che non gli Ebrei sotto Faraone; Giustiniani, che i Veneziani non meritavano scusa, e il più soprastare era peccato; Santa Cecilia, che la causa del pontefice era causa di Dio; Bandino, prometteva al pontefice fama immortale; Colonna, che i Veneziani dovevano essere trattati più col flagello che con la dolcezza. Tutti insomma, quali per un verso, quali per l’altro concordarono nella sentenza del papa, e fecero a gara a chi dicesse enormità peggiori; ma nissuno eguagliò il Baronio, comechè dapprima con-