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Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/263

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capo xii. 255

del clero, e gl’interessi e le ambizioni sempre mutabili dei principi. Nè si avviddero che il tempo, il quale tutto consuma tranne la verità, avrebbe pure tarlate le basi erronee della loro possanza, e che logorato l’incantesimo che la rendeva portentosa o necessaria, e sedato il bollore degli odii religiosi, e condotti gli uomini a pensieri più miti e più socievoli, principi e popoli fastiditi ugualmente dal giogo sacerdotale, oppressore, capriccioso ed avido, avrebbero desiderato di vendicarsi a libertà.

Forse questo tempo non era ancora maturo nel 1606; ma i pontificati turbolenti e feroci di Paolo III, di Paolo IV, di Pio V, di Sisto V, i disordini della corte di Roma, le guerre civili e fanatiche fomentate da quella, e le altre suscitate dall’ambizione e dall’avarizia del nipotismo romano, la durezza con cui quasi tutti i pontefici del XVI secolo fecero uso della loro autorità temporale, e gli attentati contro l’autorità temporale, avevano a poco a poco suscitato uno spirito di opposizione alla corte di Roma. A rinformare il quale contribuiva lo spirito guerriero del secolo inclinato a libertà; il fastidio della preponderanza spagnuola che tendeva a servitù e a intenebrare il mondo colla ignoranza e colla superstizione; la stampa, libera oltremonti; lo studio della storia, della giurisprudenza, e della critica ravvivato; le discussioni religiose in tutta l’Europa, e più utilmente le discussioni parlamentarie in Francia sui diritti del principato e i privilegi della Chiesa Gallicana; e se non vi era peranco una disposizione decisa a confinare ne’ giusti suoi termini il papato, fu per lo meno udita con infinito pia-