Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/306

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298 capo xiv.

Roma continua a nutrirsi d’illusioni e di orgoglio; parla e scrive della potestà dei papi e della loro autorità sul temporale dei principi come avrebbe parlato e scritto a’ tempi d’Innocenzo III; e sogna trionfi, e medita conquiste, e si applaude ad ogni isolata conversione di qualche individuo, intanto che disertano da lei le moltitudini: la Spagna e il Portogallo già così devoti, ora scuotono il giogo; nel Belgio fermenta di nuovo il giansenismo, ma più tollerante e più socievole; si agita la Svizzera, le sfugge la Germania, e l’Italia inquieta desidera un essere nuovo. Centro al gran vortice delle opinioni è la Francia: quella Francia ora senza religione e senza morale, e che pertanto anela all’una e all’altra onde riempiere i vacui dello spirito e i bisogni più affettuosi del cuore: ma all’età pensosa più non basta un culto che non ha prestigi tranne per gli occhi e già le vecchie non intese liturgie diventano ridicole, il vizioso celibato dei preti è uno scandalo, gli ordini monastici sono un anacronismo sociale, la gerarchia è in contraddizione con tutti gli attuali sistemi politici, liberi od assoluti, il gesuitismo è rinato per darsi il vanto di morire una seconda volta, e la società vivente aspira a veder risolvere nella primitiva splendida sua bellezza il cristianesimo disordinato dalle passioni e dalla avarizia degli uomini.

Il papato ingrandì finchè fu popolare, finchè fu grandezza d’Italia, e cadde quando si associò coi re e perdette le persuasioni de’ popoli, quelle persuasioni che erano la sua forza: quindi invano egli delira il ritorno del medio evo, tempi di libertà e di vita