Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/162

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154 capo xxii.

nome di superstizione, e perchè non distinguevano abbastanza il vero cattolicismo, semplice, nobile, tollerante, dal mascherato e bottegaio. Confessava esservi abusi nella comunione cattolica, non colpa di lei, sì degli uomini; perocchè i principi trascurano lo studio della religione, contentandosi di averne una senza sapere che cosa si sia, e sopportando, per interesse e convenienza, che i popoli sotto specie di pietà sieno ingannati con sempre nuove invenzioni e riti, senza considerare che ogni rito porta seco la sua credenza, e così la religione si altera e si accomoda al lucro di chi la maneggia.

La Chiesa, continuava, non si compone dei soli preti; chè in tal caso sarebbe repubblica terrena e non cosa celeste; ma della unione di tutti i fedeli, e non ha altro scopo che il loro bene spirituale: le cose temporali non ci entrano. Il papa è capo di essa, ma è anco un principe temporale che da più di cinque secoli ha aspirato al dominio dell’Italia per lo meno, e vi è stato assai prossimo; non è dunque da meravigliarsi se usa tutti i mezzi per ampliare la sua autorità. Avere il pontefice romano tre carichi: della religione, delle cose ecclesiastiche e del governo del suo Stato, i quali per non essere stati distinti furono origine di mali infiniti. Esservi tre generi di canoni: di cose spirituali, di temporali e di miste. De’ primi la cura essere degli ecclesiastici; dei secondi non potersi il pontefice ingerire fuori degli Stati suoi; pei terzi tanto essere debito del principe l’averne cura, quanto degli ecclesiastici, anzi più di quello che di questi. Nel primo capo, che costituisce la vera essenza della dot-