Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/173

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capo xxii. 165

onde rendersi degno del primo stuolo, comechè se non è tra i predestinati tutte le buone opere sue saranno inutili. Io non so fin dove spingesse e come intendesse questa difficile dottrina, intorno la quale usa scarse parole e la chiama misteriosa ed arcana; ma parmi che riferendo ogni cosa ai meriti infiniti di Cristo e alla grazia e misericordia divina, ei ne rattemperasse la terribile severità che toglie ogni merito alle opere umane.

I gesuiti hanno sentenza contraria, e per dire il vero sembra anco più ragionevole; ma l’austero Servita la chiamava fomento della presunzione umana e accomodata all’apparenza, buona più per frati predicatori che per uomini dotti di teologia.

Come i giansenisti egli era infensissimo ai gesuiti, cui chiamava peste de’ popoli, nemici della vera religione, autori di scandali e di morale prava. La quale avversità non derivava da sola differenza di sentimenti teologici, ma, e molto più forse da ragioni politiche. Ho detto più volte come i figliuoli d’Ignazio fossero la più arrischiata milizia della monarchia papale, e valevoli sostegni di quella di Spagna (come ora lo sono della monarchia austriaca), due grovigli che tenevano l’Italia in servitù, e l’Europa inquieta. Altronde non vi era orditura politica, moto di popolo, turbazione di Stato in cui i gesuiti non avessero parte: sêtta operosa che moltiplicandosi e assumendo tutte le forme si trovava dapertutto, come l’idrogeno e l’ossigeno potenze occulte della natura. Erano come lo spirito avversario della Repubblica. Nella causa dell’interdetto furonto gl’infocolatori di tutti gli sdegni, fecero gran