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178 capo xxii.

di qualche delitto lo mandavano ad un noviziato lontano dove i parenti non potessero rintracciarlo o quella macchia fosse ignota.

Quando un individuo si presentava per essere ammesso, veniva trattenuto per quindici giorni o tre settimane in una casa di probazione come se fosse un semplice ospite, e intanto astuti esaminatori lo andavano interrogando alla larga e con aria d’indifferenza intorno alla sua condizione, vita e costumi; e in ciò le Costituzioni raccomandavano d’usare la più profonda doppiezza ricorrendo a domande suggestive, senza puntar molto sulla stessa domanda onde non recar sospetto. Trovato che conveniva, lo aggregavano alla casa di probazione e lo soggettavano al noviziato di un anno: in questo fratempo era esplorato ed esaminato accuratamente, e per penetrare le parti più intime del suo cuore si servivano della confessione, esortandolo di volta in volta ad una confessione generale che il confessore metteva in iscritto e la comunicava al Superiore, il quale poi le raffrontava l’una coll’altra e vedeva se vi era contradizione. Onde meglio comprendere la coscienza de’ novizi usavano di mutargli il confessore, od anco di mutargli la residenza. Durante l’anno erano comunicati al novizio alcuni sunti delle Costituzioni cui doveva studiare, e gli erano anco letti in diversi tempi. Qui è da notare che in tutti gli Ordini regolari il novizio può fin dal primo giorno conoscere le costituzioni e regole dell’Ordine; ed ivi tutte le cose essendo comuni, al primo Capitolo conventuale egli è introdotto ed assiste alle deliberazioni a pari del frate più anziano. Ma nei gesuiti tutto è mistero.