Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/25

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capo xviii. 17

vedute e lette dal Sarpi, da Frà Fulgenzio e poi dagli Inquisitori.

Gianfrancesco e il suo complice furono chiusi nelle carceri decemvirali. Il Sarpi adoperò le più calde suppliche, fino a mettersi in finocchio innanzi al Consiglio dei Dieci per ottenere il loro perdono; e l’inesorabile tribunale mosso dalle sue preghiere sentenziò Gianfrancesco alla forca, con riserva, se rivelava ogni cosa, che sarebbe dannato a un anno solo di prigionia e al bando perpetuo. Gianfrancesco accettò il partito, confessò, consegnò il suo carteggio, scritto in cifra e nascosto nel suo convento a Padova, così che i Decemviri vennero in chiaro di tutta quella abbominevole trattazione, nella quale, dice Vittorio Siri, si trovò apertamente compromesso il cardinale Lanfranco segretario del papa. Di questa congiura parlando Frà Paolo in una lettera del 30 marzo 1609, usa queste nobili e moderate espressioni: «Io ho fuggita una gran cospirazione contro la mia vita, intervenendovi di quelli propri della mia camera. Non ha piaciuto a Dio che sia riuscita; ma a me ben molto dispiace di quelli che sono prigioni. Per questa cosa non mi è grata la vita, che per conservare veggo tante difficoltà».

Lessi nella epistola di San Giacomo che la fede senza le opere è cosa morta; e se talun dice io ho la fede e tu hai le opere, uom può rispondergli, mostrami la fede tua senza opere, ed io mostrerotti la mia dalle opere mie. Se la morale del Nuovo Testamento non fosse spesso contraria a quanto insegnano i teologi, sarebbe qui il luogo di fare un


Vita di F. Paolo T. II. 2