Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/289

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capo xxviii. 281

accettò l’incumbenza, ma non potè mettervi mano se non se due anni dopo. Scrissero i suoi lodatori che frugò diligentemente gli archivi di Roma, che vide e lesse tutti gli atti del Concilio, le lettere dei legati al pontefice, e quelle del pontefice suo segretario ai legati, e che collazionò infinite carte per scrivere con verità e giudizio una tanta istoria. Ma io oso affermare che niuna istoria fu mai scritta con tanta leggerezza e precipitazione quanto la sua. Riuscirà nuovo l’asserto, ma eccone prova irrefragabile. Confessano il Padre Affò e l’abate Zaccaria suoi encomiatori e diligenti biografi, che il Pallavicino non incominciò la sua Istoria se non dopo la metà del 1653, e bisogna che fosse terminata al più tardi alla metà del 1656, perchè in quell’anno uscì il primo volume, e al principio del seguente, il secondo. Dunque impiegò tutto al più tre anni. Scrivere due grossi volumi in foglio in tre anni, non è impossibile; ma che per scriverli uomo abbia prima a leggere materiali che, al dire del Padre Buonafede, sommano centinaia di tomi, sparsi in archivi diversi, raccoglierli, collazionarli, ordinarli, farne le rubriche, estrarne i sunti, insomma disporli in modo da potervi lavorar sopra un’istoria: è uno di quei miracoli che nissuno al mondo crederà mai. Per grande che fosse l’attività del Pallavicino, la solerzia umana è ristretta a confini di tempo e di misura, e posto che fosse aiutato da più persone, siccome il leggere, il collazionare, il disporre dovevano essere assolutamente sua fatica, colla aggiunta che doveva non solo pensare a scrivere un’istoria, ma eziandio a confutarne un’altra, e