Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/304

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296 capo xxviii.

sero una vittoria; è da lui che sappiamo come due vescovi vennero ai pugni in pien concilio e si strapparono la barba; come i Padri di Trento si divertissero con feste da ballo, il che fece ridere alcuni belli umori; e i rimorsi che accompagnarono la morte del cardinale Crescenzio, e la bottega che delle cose sacre facevano i preti in Germania, ed altri più o meno gravi scandali sopra cui il Sarpi osserva un rigido silenzio.

E infine se lo storico propende a dar ragione ai protestanti, è perchè sustanzialmente l’avevano. Altronde vivendo egli assai prossimo a quelli avvenimenti, non poteva avere del concilio di Trento una opinione diversa di quella che ne ebbero i contemporanei. Francesco Vargas, ambasciatore di Spagna a Roma, autore ortodossissimo e che fu presente al Concilio, lo dipinge come un’adunanza in cui i soprusi, la prepotenza e la furberia erano i mezzi soliti con che i legati pontificii la governavano e ne carpivano i decreti; dove non vi era alcuna libertà, anzi era seguìto un sistema pernicioso e il più distruttivo della libertà di quanti si potessero imaginare; dove il papa teneva vescovi salariati per far votare come a lui piaceva; dove molti erano ignoranti e non intendevano le materie; dove i legati tenevano in sospeso le decisioni, usando mille artifizi, finchè udissero come la pensavano a Roma, o le facevano deliberare per sorpresa e tumultuariamente. Le lettere degli ambasciatori di Francia, l’istoria del Milledonne, gli atti del Massarelli che fu segretario del Concilio e del Paleotti che fu cardinale, e le lettere del Visconti vescovo