Pagina:Bini - Scritti editi e postumi.djvu/124

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cenna anima prostrata, e di volgo. – Oh perchè non ho io un altro mondo da conquistare! – sospirava Alessandro. E dove si ponga mente ai conforti di coloro che bramano la nostra bassezza, quanta differenza trovate voi tra gli uomini e i bruti. – Appena la nuda favella: e niuno consente che articolare soltanto la parola sia valevole differenza, se i concetti significati coll’opere non provino l’esistenza dell’interno pensiere. Nè la facoltà del pensiere ci fu data per nulla. – Se l’uomo fosse destinato solamente a nascere, cibarsi e morire, la Natura non ci avrebbe fatto quel dono, tristo o buono che sia, perchè hanno sperimentato la Natura non averci mai conceduto potenza, senza farci sentire la necessità dell’ufficio cui la destinava. E potremmo noi vegetare in quello stagno di vita, noi, cui non si offre immagine di quiete meno la morte? Potremmo noi distruggere l’atto di quelle poche anime immense, che afferrando il secolo in che son nate gli aggiungono il proprio moto, e il secolo concitato si affretta precipitando al suo fine? Rinnegheremo noi le passioni, che pur sempre ci agitano irrequiete al bene ed al male? Dove è la forza che valga a tanto? In Dio solo, perchè sono opera sua, e le ha poste nel cuore dell’uomo, cui vivono eterne, indivisibili, compagne della vita, e muoiono con esso. –

Poichè le passioni si spengono nell’ultimo sospiro, e queste, pur sempre agitandoci, al bene e al male ci spingono, ufficio degno d’un pensiere divino è quello di frenarle, e di escludere, per quanto è dato, la vicenda del male. L’argomento della ragione, e l’esperienza del passato, dimostrano unico mezzo a tanto conseguimento l’educazione; la quale, facendo conto delle passioni come della parte più viva dell’uomo,