Pagina:Bini - Scritti editi e postumi.djvu/198

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mulava gli spasimi atrocissimi, e ratteneva lo sfogo della soffrente natura, perchè non si attristassero maggiormente. Cosa mesta e dignitosa era a vederlo così morire senza orgoglio, e senza viltà. Non si smentì un istante, parlò sempre parole gravi e affettuose, riconciliò antichi dissapori, pensò a tutto, e a tutti; – in quegli estremi la sua anima fiammeggiava più lucida che mai. E poichè l’ostinata agonia pervenne al suo termine fatale, morì virilmente rassegnato, sicuro della sua buona coscienza, affidato d’una speranza immortale.

Così fu conchiusa troppo per tempo una vita utile ed onorata. Povero Tacito! quando noi rammentiamo la tua presenza, e il tuo spirito cortese, e vediamo il rammarico, che lasciasti di te universale, e pensiamo all’angoscia ineffabile della madre tua destinata di 72 anni a sotterrare il figlio a lei più diletto, una profonda pietà ci stringe del caso miserevole; ma se pensiamo poi alle ambagi tormentose del secolo, e alle illusioni che di giorno in giorno spariscono, e alle cure che più e più sempre si addensano, e alla vecchiezza, che si avanza fredda, squallida, e inutile, noi non osiamo più mormorare, se a Dio piacque recidere il fiore prima che appassisse. Riposa in pace. A quest’ora nessuno saprebbe dove venire a piangere sulle tue ceneri, perchè tu non volesti distinzione di sepoltura, e le tue ossa giacciono nel Camposanto comune, confuse con quelle del popolo dal quale nascesti. La fama non farà suonare il tuo nome, perchè il mondo non ha storia per le virtù tranquille e innocenti del cittadino da bene. Ma se la tua vita di continuo sacrifizio fu semplice, e inavvertita quasi agli occhi del mondo, speriamo